Archivio mensile Settembre 2018

DiAlessandra Lenzi

Nuovi domini edu.it

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Dal 20 settembre 2018 tutte le scuole italiane di ogni ordine e grado, pubbliche e paritarie potranno registrare il loro nome a dominio edu.it.

Infatti, è in arrivo la nuova estensione di dominio EDU.IT, riservata per le scuole e gli istituti scolastici, al posto della vecchia .GOV.IT.

Numerose scuole ed istituti scolastici hanno oggi un sito web personalizzato sul proprio nome a dominio. Alcuni hanno scelto di attivare domini personalizzati con il proprio nome su estensioni generiche (es. istitutoxxx.it), altri hanno preferito seguire la strada più istituzionale fin’ora consentita dalle norme, cioè registrare un dominio sull’estensione .GOV.IT (es. istitutoxxx.gov.it).

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DiElisabetta Feroldi

La direttiva sul copyright bocciata dal Parlamento Europeo

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Partiamo con il dare una definizione di copyright: Diritto alla proprietà di un’opera letteraria, artistica (fonte dizionario di lingua Italiana).

Uno degli ultimi casi più eclatanti di violazione del copyright ha visto coinvolto il noto imprenditore Elon Musk che con un tweet ha pubblicato la foto di una tazza con il disegno dell’unicorno dipinto dal ceramista Tom Edwards. “Forse la mia tazza preferita di sempre”, aveva scritto l’a.d. di Tesla (l’unicorno con un peto produce corrente elettrica). Successivamente ha utilizzato lo stesso unicorno stilizzato per una presentazione pubblicitaria della Tesla. Edward era molto entusiasta della notorietà che stava ricevendo il suo unicorno ma si accorse presto che la sua immagine veniva usata da Tesla senza pagargli i diritti.

Sembra che inizialmente Musk non volesse riconoscere il dovuto a Edward ma poi ha dovuto ricredersi: “Ho a cuore che gli artisti vengano pagati. Sarei scorretto a non farlo”.

La nuove norme per il copyright contengono due punti (art. 11 e 13) che molti pensano essere pericolosi e vaghi nella loro descrizione, per la libera circolazione dei contenuti on line.

Il 20 giugno la Commissione giuridica (JURI) ha approvato le proposte contenute in una nuova direttiva europea per il copyright.

Necessarie per introdurre alcuni aggiornamenti alle norme per la tutela del diritto d’autore.

La direttiva contiene due articoli che molti osservatori pensano che potrebbero avere conseguenze negative per la libera circolazione delle informazioni online.

L’articolo 11 vorrebbe applicare una specie di “tassa sui link” (“link tax”) da far pagare a colossi come Google e Facebook ogni qualvolta venga linkato un sito di notizie.

Questo porterebbe Facebook e gli altri a pagare una licenza agli editori ogni volta che viene pubblicato uno snippet, questo per gratificare economicamente il lavoro svolto da altri.

Per i non addetti ai lavori lo snippet è la pubblicazione di un ritaglio di un articolo che è cliccabile, infatti riporta poi all’articolo stesso. Lo snippet è importante per l’ottimizzazione sui motori di ricerca. Contiene parole chiave che aiutano nella rilevanza del sito sul motore di ricerca.

Se venisse approvato ne gioverebbero soprattutto gli editori che già stanno facendo i conti con la crisi del settore.

L’articolo 13 invece impone l’upload filter cioè il controllo dei contenuti prima che vengano caricati on line.

Dovrebbe funzionare come il Content ID di YouTube, la funzione di riconoscimento automatico dei video, che verifica se siano stati caricati contenuti protetti da copyright e su cui non si hanno diritti, in modo da eliminarli immediatamente dal sito o mostrarli solo con pubblicità, condividendo i ricavi con gli effettivi proprietari del diritto d’autore. E’ però impensabile immaginare un meccanismo simile per qualsiasi caricamento online effettuato nell’Unione Europea.

Questo meccanismo è contrario ai principi di apertura e libera circolazione delle informazioni su Internet.

Il 5 Luglio il Parlamento Europeo ha bocciato la nuova direttiva sul copyright.

E ora? Il processo di approvazione della nuova direttiva sul copyright durerà ancora molto tempo se poi consideriamo che per la primavera del 2019 sono previste le elezioni europee, il processo si rallenterà ulteriormente.

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DiElisabetta Feroldi

Il più grande problema di sicurezza è ancora l’errore umano

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La posta elettronica rimane prima in classifica come principale vettore di attacco. L’attacco via mail è molto più semplice e crea dei danni più elevati rispetto agli attacchi via malware. Questo perchè via mail è più facile targettizzare l’obiettivo e poi, diciamocelo, l’anello debole nella catena della sicurezza è (quasi) sempre il dipendente o il privato che legge la mail.

Si conta che nei primi tre mesi del 2018 la perdita finanziaria globale causata dalle frodi via mail, ammonti a 12,5 miliardi di dollari, oltre il 90% delle aziende è stato colpito con incremento del 103% anno per anno.

L’attività di Phishing, attraverso la quale un malintenzionato cerca di ingannare la vittima convincendola a fornire informazioni personali, dati finanziari o codici di accesso, fingendosi un ente affidabile in una comunicazione digitale, è una delle truffe on line più in voga. Il cybercriminale entra così in possesso delle credenziali di un utente e spacciandosi per esso invia mail da account legittimi e fidati.

Le PA, nonostante stiano investendo in soluzioni tecnologiche per la salvaguardia della sicurezza delle informazioni, sono le più colpite dal fenomeno di phishing che sfrutta come anello debole il dipendente, già perchè, ancora oggi, l’anello debole, per quanto riguarda la sicurezza, rimane il dipendente.

Da una ricerca è emerso che le cause principali delle ingenti perdite aziendali (si stima almeno nel 75% dei casi), date dagli attacchi malware o hacker vanno a buon fine grazie agli errori umani, per negligenza, incompetenza o disattenzione degli utenti. Un sistema informatico, anche se meticolosamente protetto, può non essere più affidabile di fronte a un’azione errata dell’operatore. Molti sono ignari dei danni che possono essere provocati semplicemente aprendo una mail.

Questo il motivo per cui le aziende oltre a investire e adottare un sistema di protezione informatica valido devono investire nella formazione degli impiegati sulle buone abitudini da adottare per non farsi truffare.

Un semplice click sbagliato puo’ causare ingenti danni a una azienda. Si può prevenire un errore fatale, formando gli impiegati che utilizzano un pc e che sono quindi esposti a rischi, in questo modo saranno in grado di riconoscere le situazioni di rischio e sapranno cosa fare per evitare il danno. Bisogna rendere consapevoli le persone con cui collaboriamo.

Come dicevamo, i furti di identità, soprattutto via mail, sono in costante aumento. Nella maggior parte dei casi, vengono clonate le credenziali, magari per ingannare collaboratori commerciali e spingerli a concludere azioni finanziarie in realtà destinate al ladro. Il famoso “Man in the middle”: uomo nel mezzo.

Un’impiegata, non consapevole dei rischi in cui potrebbe incorrere potrebbe benissimo credere a una mail di un cliente o fornitore, dove l’inidirizzo originale viene mascherato come se fosse l’originale e nel messaggio  vengono semplicemente comunicate delle nuove coordinate bancarie per effettuare un determinato pagamento che in realtà non andrà al nostro fornitore ma al truffatore.

Bastano consapevolezza, conoscenza e piccoli accorgimenti oltre a un sistema di sicurezza efficace.

K N OW –   Y O U R  –  E N E M Y

(conosci il tuo nemico)

 

 

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DiSandra Bertolacci

Dominio e Marchio: qual è l’uovo e quale la gallina?

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Nel trattare le questioni di tutela dei nomi o Brand Protection è ben importante conoscere la relazione tra i nomi a dominio di cui quotidianamente ci occupiamo nel mondo di internet, ed i Marchi d’impresa nell’accezione classica.

Nella loro capacità identificativa di un prodotto, di un’azienda, di un’insegna commerciale, la registrazione del dominio e la registrazione del marchio sono legati a doppio filo e da considerare attentamente quando ci si accinge al lancio di un prodotto o alla registrazione di un nome a dominio. Leggi tutto

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